Perchè il fit prima di tutto?

By: Eef van der Worp

Di recente mi sono imbattuto in un portatore davvero interessante: me stesso. In quanto presbite incipiente, fino a poco tempo fa la monovisione ha dato dei buoni risultati. Poi sono cominciati i problemi: durante le conferenze, dal fondo della sala scarsamente illuminata, lo schermo non appariva più sufficientemente nitido. Dopo prolungati periodi di lettura, inoltre, ho cominciato a ritrovarmi con un occhio chiuso (quello col quale vedo meglio da lontano, ovviamente). Una situazione non proprio piacevole, insomma. Così mi sono messo alla ricerca di alternative, e nel farlo ho imparato un paio di cose.

 

Insegnare agli studenti

 

Ho sempre insegnato ai miei studenti che “i presbiti sono un tipo speciale di portatori: 0,25 D in più o in meno possono farvi amare o detestare”. Di fatto, era proprio quello che stavo sperimentando come portatore in quel momento. Un +0,25 D su entrambi gli occhi aveva migliorato la mia esperienza di lettura, ma diminuito sensibilmente – a mio parere – la visione da lontano.

 

Lavorare con gli studenti è interessante sotto molti punti di vista. Fanno sempre le domande giuste, soprattutto quando si illustra loro come applicare le lenti a contatto. Come confermato dalla mia esperienza diretta, molte scuole in tutto il mondo insegnano a misurare i valori cheratometrici centrali e ad “aggiungere qualcosa” per appiattire la lente. Dovrebbe essere quella l’ideale, o perlomeno la prima da testare. Fin qui tutto bene e gli studenti si mettono alla ricerca. Tuttavia, si arrestano quasi subito nel constatare delusi che una curva base da 8,15 mm non si trova nel materiale a cui avevano pensato. Come ben sappiamo, la maggior parte delle lenti disposable sono disponibili – nel migliore dei casi – in due curve base. Diversi studi, inoltre, confermano che non c’è corrispondenza tra due curve base da 8,6 prodotte da due aziende diverse.

 

Credibilità

 

E allora? Di solito diciamo agli studenti di cercare la lente “più vicina” a quella che avevano scelto, minando in qualche modo la loro fiducia nei confronti della strategia che gli abbiamo appena presentato. Gli insegniamo a cosa prestare attenzione (centratura, dinamica e stabilità) quando la lente è sull’occhio e, se essa non è conforme ai nostri parametri – e noi li valutiamo su questo – gli diciamo di cercarne un’altra. Come abbiamo già visto, tuttavia, un’alternativa spesso non c’è perché, per esempio, quel tipo di lente è disponibile solo in un design piatto (e invece noi ne volevamo uno più curvo), o addirittura perché quel marchio non mette a disposizione altri parametri. Il nostro metodo applicativo, a questo punto, ha perso ogni validità. Quel che è peggio è che anche la nostra credibilità come educatori comincia a incrinarsi. Tutto ciò non ha senso per gli studenti e, in effetti, non hanno tutti i torti: un senso proprio non c’è. Nel caso avessero voluto scegliere il diametro della lente in base al diametro corneale, sarebbero incorsi nel medesimo problema.

 

“Tutto ciò non ha senso per gli studenti e, in effetti, non hanno tutti i torti: un senso proprio non c’è”.

 

Sostituzione delle lenti

 

Nemmeno il passaggio a un altro produttore, con altri parametri, è in grado di risolvere la situazione dal punto di vista del fit, in quanto il design della nuova lente potrebbe essere molto differente. Molte delle lenti morbide disposable disponibili sul mercato hanno un design monocurvo, alcune con un bordo appena accennato. Altre sono propriamente bicurve, oppure asferiche. Tutte queste lenti hanno comportamenti specifici sull’occhio.

 

La forma del bordo, inoltre, potrebbe giocare un ruolo rilevante nel fit e nella percezione della lente sull’occhio (comfort). Ci sono poi altre variabili – tra cui il materiale, lo spessore, il design della superficie anteriore, la rugosità e le forze di attrito della superficie, così come la rugosità della congiuntiva palpebrale – che influenzano la dinamica della lente sull’occhio. In altre parole, la dinamica della lente non sembra essere un buon indicatore del grado di allineamento della lente con la superficie oculare.

 

Strumenti

 

Gli strumenti per misurare la forma dell’occhio e prevedere al meglio il fit di una lente morbida non fanno ancora parte della nostra pratica quotidiana. Tuttavia, di recente è stata introdotta sul mercato una nuova generazione di topografi per la superficie oculare in grado di analizzare la forma della superficie oculare anteriore nella sua interezza, al di là dei margini corneali. Questi strumenti, il cui funzionamento si basa su sistemi profilometrici (che utilizzano un quadro fluoresceinico per rilevare l’andamento delle altezze) o Scheimpflug, possono aiutare il professionista a determinare la forma delle sclera limbare e anteriore.

 

Altre alternative includono quei topografi corneali che utilizzano i dati rilevati alla periferia della cornea – che nelle tecniche moderne vengono indicati come angoli – per creare delle proiezioni oltre la periferia stessa. Alcuni studi condotti dalla Pacific University (Stati Uniti) hanno dimostrato che gli angoli periferici corneali sono indicativi della forma della sclera anteriore (angoli). Tutto ciò potrebbe aiutare il professionista della visione a stimare la forma dell’occhio oltre i margini corneali.

I molteplici fattori delle multifocali

 

Ma torniamo al presbite. L’applicazione di lenti multifocali è una delle sfide più grandi per i professionisti della visione. Essa, infatti, è influenzata da molteplici fattori: le proprietà anatomiche, ottiche e fisiche del materiale, così come la fisiologia della cornea stessa. Estremamente importanti sono anche le motivazioni e le preferenze del portatore.

 

La comprensione dell’ottica delle lenti è un buon punto di partenza e un aspetto importante – ma molto spesso trascurato – per una buona riuscita dell’applicazione. Innanzitutto, le lenti morbide tendono a decentrarsi temporalmente a causa della forma della sclera nasale che ora sappiamo essere maggiormente piatta. Dobbiamo poi considerare anche l’asse visivo: quello che vogliamo ottenere come professionisti della visione è una lente multifocale allineata all’asse visivo del portatore, non al centro geometrico della cornea o all’asse pupillare. Sfortunatamente per noi e per i nostri portatori la maggioranza delle persone ha un angolo K positivo, il che potrebbe sembrare una cosa positiva. Non va dimenticato, tuttavia, lo svantaggio principale di ciò, ovvero un asse visivo nasale rispetto all’asse pupillare. Tutto questo non fa che accentuare ulteriormente l’effetto di uno spostamento ottico temporale relativo della lente.

Flessione della lente

 

Un altro parametro che può interferire con le ottiche della lente è la sua flessione. Alcuni studi condotti nei Paesi Bassi e alla Pacific University hanno dimostrato che per ottenere un fit ottimale la lente morbida deve essere più curva rispetto alla superficie oculare. Se, al contrario, si adatta perfettamente al profilo dell’occhio (ad esempio nel caso in cui la profondità sagittale coincida con l’altezza sagittale), essa si muoverà eccessivamente a causa del film lacrimale, della tensione palpebrale e della forza esercitata dall’ammiccamento. Tutto ciò si traduce in un pessimo fit della lente, che di conseguenza risulterà estremamente scomoda. Quello che sappiamo oggi è che, al fine di ottenere un fit ottimale dal punto di vista clinico, la profondità sagittale di una lente morbida deve essere maggiore di circa 200-300 µm rispetto all’altezza sagittale dell’occhio.

 

Questo può avere delle ripercussioni sulle prestazioni visive, in quanto la flessione della lente sull’occhio varierà leggermente le sue ottiche rispetto a quelle identificate in fase progettuale. Se su una semplice lente sferica con correzione da -2,50 D non sembrano esserci grandi ricadute, lo stesso non si può dire di quelle multifocali, bifocali per il controllo della progressione miopica o a fronte d’onda ottimizzato.

Il fit prima di tutto

 

Il fatto è che le lenti che avevo scelto all’inizio basandomi sulla prescrizione e sui valori cheratometrici centrali non erano adatte al mio occhio, e ciò mi impediva di vederci bene. A quel punto avrei potuto fare l’errore di iniziare a variare il potere delle lenti: la sfera e il cilindro, l’asse, l’addizione per la lettura oppure il design centro-vicino o centro-lontano. Ma tutto ciò non serve se il fit non è ottimale. Le mie lenti si muovevano troppo ed erano decentrate, causandomi non solo disagio ma anche veri e propri disturbi visivi, come vi ho raccontato. Così mi sono messo alla ricerca di una lente che mi permettesse di raggiungere un fit adeguato. Dopo due prodotti con profondità sagittali e diametri diversi, ho optato per una soluzione che sembrasse buona sia dal punto di vista del comportamento sull’occhio che da quello del comfort. Fatto questo, trovare le ottiche giuste è stato un gioco da ragazzi.

Conclusioni

 

Siamo talmente abituati a modificare il potere delle lenti quando la qualità visiva non è ottimale da dimenticarci che anche il fit gioca un ruolo importante. È vero, in passato le nostre scelte si limitavano alla gamma di parametri disponibili per le lenti morbide disposable. Oggi, invece, queste lenti sono disponibili in modalità di porto a ricambio mensile e tale limitazione non esiste più.

 

Ora indosso volentieri le mie lenti morbide fatte personalizzate. Si tratta di lenti toriche multifocali mensili, con design centro-lontano per l’occhio destro (quello dominante) e centro-vicino per quello non dominante, in un diametro più grande rispetto allo standard. Questa mia esperienza ci dimostra che non si tratta semplicemente di trovare la giusta lente personalizzata, ma bensì di dare priorità al fit. Il fit prima di tutto! La prescrizione corretta e la messa a punto di potere e ottiche vengono dopo. Per i professionisti esperti si tratta, forse, di un aspetto di cui tener conto. Per gli studenti e i futuri professionisti, invece, è tutta un’altra storia. Come professionisti e sicuramente come educatori siamo in dovere di ideare un metodo migliore e più valido di applicare e valutare le lenti morbide, poiché quello attuale presenta delle evidenti lacune.

Ringraziamenti

 

Un ringraziamento speciale a Mariëlle van Goor per il suo prezioso contributo e aiuto nella procedura di applicazione.

Circa l’autore

  • Eef van der Worp
  • Eef van der Worp is an independent educator and researcher, a fellow of the AAO, IACLE, BCLA and SLS and Associate Editor of the BCLA journal Contact Lens and Anterior Eye. Eef lectures extensively worldwide at both Industry events and Universities across US and Europe, including being Adjunct Assistant Professor at Pacific University College of Optometry (Oregon, USA) and Associate Researcher with the University of Maastricht and Adjunct Professor at the University of Montreal University College of Optometry (CA).

REFERENCES

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